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Occhio al presente per un futuro migliore

Ognuno ragiona con la propria testa e, come i nostri tre amici nell’immagine, già dall’espressione si capisce che ognuno la racconterà a modo suo. Lo stesso accade anche nel modo di chi analizza gli incidenti stradali dove tutti si dicono esperti del settore.

Se questo generasse un sano e dotto confronto, sarebbe magnifico e di generale utilità. Invece e purtroppo, questo è un mondo a sé dove le cose non vanno proprio così. La professione sembra esistere ma di fatto è ben lungi da essere corporativa per i soli veri specialisti dell’incidentologia stradale, pochi di fatto questi perché già a priori mancano i presupposti di chiarezza su chi di loro sia veramente legittimato a dirsi tale.

Che tale chiarezza sia inesistente lo dimostra l’insalata russa di categorie professionali che negli Albi dei tribunali risultano attive in questa specialità: per le citate professioni dovrebbe contare, nel proprio iter formativa di base, lo studio di questa branca specialistica (analisi e ricostruzione del sinistro stradale) ma, come tutti ben sanno, tale formazione di base in quelle professioni non c'è.

Per quanto io sappia, in Europa questo vale sicuramente per Italia, Francia, Spagna e, immagino, anche per molti altri paesi: fanno invece sicuramente eccezione Germania, Austria e Belgio dove nel merito c’è chiarezza. In Svizzera, sebbene esista una scuola d’ingegneria (Biel/Bienne) attiva in questo campo fin dagli anni ’50 e un centro di ricerca dinamica (DTC), in tribunale incontriamo spesso periti che hanno seguito tutt’altro indirizzo formativo.


Di fatto, chi si occupa dell’analisi forense degli incidenti stradali?

Per l’ingegneria sembra bastare il titolo generale di ingegnere per essere specialista ricostruttore di sinistri stradali. Credevo che i differenti indirizzi avessero un’altra valenza: a quello civile lascerei calcolare i ponti, a quello ambientale occuparsi delle nuove risorse energetiche, a quello alimentare occuparsi della tecnica relativa alla filiera alimentare e all’agronomo lascerei l’agricoltura. Tutti ingegneri ma nessuno specialista di incidentologia stradale. La Committenza, per analogia, dovrebbe fare riferimento alla medicina: infatti, quando a qualcuno fa male un ginocchio, cerca un medico e non va certo né dal dentista e né tantomeno dal ginecologo, entrambi sicuramente dottori e competenti, ma unicamente nel loro specifico campo.

Per la categoria dei periti industriali e dei periti industriali laureati, l’incidentologia stradale non sembra essere materia particolarmente considerata dal CNPI: questi, infatti, annoverano solo una categoria generica di meccanica, ovvero non meglio definita. Per costoro non sembra neppure prevista formazione specifica di aggiornamento nel settore dell’infortunistica stradale dato che alcuni di loro seguivano la mia formazione per avere un attestato riconosciuto dal proprio Collegio ai fini dei crediti formativi.

I periti assicurativi sono gli unici ad avere un ruolo riconosciuto … in ambito estimo danni, non in quello della ricostruzione dei sinistri stradali per cui, occupandosene fuori dal proprio ruolo, partono con una formazione di base mirata ad altro scopo. Tuttavia, a loro va riconosciuto il fatto che girando per autofficine e carrozzerie, almeno hanno acquisito un’idea in scala 1:1 di cosa sia un veicolo stradale, cosa purtroppo misconosciuta da molti altri. Pertanto, quanto manchi loro la base tecnico scientifica specifica del ricostruttore, lo valuterei caso per caso: infatti fra loro ho conosciuto tanto discreti ricostruttori quanto persone di competenza veramente limitata nel merito.

Ci sono poi altre figure professionali attive come ricostruttori di sinistri stradali: ragionieri, geometri e autodidatta diversi. Fra questi, specie fra quelli di età più avanzata e di provata esperienza, non si possono escludere eccezioni. In questi casi la prudenza è comunque dovuta e non offende certo i meritevoli: basta verificare con chi collaborano e dare un colpo d’occhio ai loro elaborati per capire con chi si ha a che fare.


Inoltre, e per tutte le categorie suddette, ancor maggiormente limitante è il fatto che moltissimi di questi “specialisti” sono veri e propri tuttologi che si occupano dal design, dall’edilizia immobiliare, dall’idraulica, dall’elettricità - chi più ne ha ne metta - all’infortunistica stradale, veri e propri laureati honoris causa in tuttologia forense. A questi, personalmente, non darei credito.

La situazione è un caos generale dove tutto è possibile e permesso. Pertanto, la selezione rimane solo in mano ai Mandanti e, in questo modo, accondiscendenza, favoritismo, clientelismo, nepotismo, e affarismo (per non definirlo altrimenti) proliferano in un ambito dove integrità, scienza e oggettività dovrebbero invece essere la regola poiché solo queste sarebbero le basi indispensabili per la vera Giustizia penale e civile.


Quest’ultimo, Giustizia e risarcimenti, è l’aspetto che appunto mi sta più a cuore: per me l’analisi delle cause di un sinistro è più di una semplice professione, è una missione. Come tale andrebbe affidata unicamente a chi di questa ha fatto l’obiettivo della sua vita professionale prima formandosi allo scopo, poi attrezzandosi di conseguenza, studiando, approfondendo, aggiornandosi ed esercitando tale professione a tempo pieno, non solo saltuariamente o a tempo perso. Quale professione specialistica con evidenti risvolti sociali, sia per le Vittime e le loro Famiglie, sia per gli Indagati che per la Giustizia, sarebbe ora che all’incidentologia stradale sia riconosciuto il suo giusto ruolo, sia data maggior considerazione e, parimenti, che alla stessa siano veramente esatte solo scienza (tanta di questa) e coscienza (altrettanta anche di questa).

Per il compenso è già tutto detto nel Codice civile (libro quinto, titolo II, capo II, art. 2233), ovvero che questo debba essere un compenso adeguato all’importanza dell’opera e al decoro della professione: che c’è di più importante dell’accertamento della verità e del corretto risarcimento delle Vittime? Di quale entità sono gli importi in gioco?


Ciò premesso, superata la riguardevole soglia dei 50 anni di ininterrotta professione forense nel settore, nella relativa ricerca e nell'insegnamento, avendo grazie a Dio salute e lucidità di mente, ritengo che per me sia giunto il momento - e sia mio dovere verso chi coinvolto direttamente o indirettamente con queste problematiche - di esternare schiettamente il mio pensiero tanto sugli aspetti procedurali quanto su quelli scientifici. Ho iniziato a farlo metodicamente quest’anno con quanto pubblico in questo mio sito Internet, in assoluta indipendenza e al difuori da qualsiasi gruppo associativo di settore.

Sono cosciente che la mia è una guerra dichiarata ai mulini a vento ma, ciononostante, la stessa rimane una guerra santa che vale la pena di essere combattuta. Con questo articolo, quelli pubblicati quest’anno nel mio blog scientifico sono già 30: contando sul sostegno morale di chi mi segue e apprezza continueranno ad aumentare divulgando così quella che potrebbe sembrare o divenire la mia scuola di pensiero scientifico in materia d’incidentologia stradale: se con essa si aprisse finalmente quel “dotto confronto” mancante ai tre della vignetta di cui sopra, ne sarei felice.


I vecchi compagni di viaggio che meschinamente hanno solo saputo pugnalarmi alle spalle, si sono già autopuniti cancellandosi dalla mia cerchia di Colleghi-amici e privandosi così del mio parere professionale a cui, gratuitamente, facevano regolarmente ricorso.

Senza di loro, la strada davanti a noi ora è pulita, larga e dritta. In tanti e in rispettosa amicizia vi potremo camminare insieme: basterà condividere gli stessi sani principi e credere veramente in una professione specialistica di alto livello e, per questa, essere pronti ad impegnarci ed essere aperti ad un sano e leale confronto.

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