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ATTRITO STATICO O DINAMICO ?

Aggiornamento: 5 giorni fa

Lo pneumatico, costituisce per ogni veicolo l’unico punto che lo collega con il suolo: gli permette di mettersi in movimento, di accelerare, mantenere la velocità costante, frenare, sterzare, ovvero dirigersi in ogni direzione voluta. Le forze che così riesce a sviluppare al suolo sono le forze di attrito.

L'attrito è quindi il fenomeno più importante che caratterizza la scienza dell’analisi e della ricostruzione degli incidenti stradali: il coefficiente di attrito che ne determina l’entità, è il parametro base dei suoi calcoli.

La determinazione del coefficiente d’attrito e la sua implementazione nei calcoli – da quello manuale di vecchia scuola a quello del più complesso fra gli algoritmi dei moderni software scientifici – rimane sempre competenza dell’Esperto ricostruttore. Per questo motivo, nel mio manuale PSICO-CINEMATICA FORENSE, nella parte di “Ricostruzione tecnico scientifica dell’incidente”, ho dedicato all’attrito ben 23 pagine del capitolo “Tracceologia forense”; in queste anche l’immagine qui riprodotta.


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Diagramma - Rilevamento dello sviluppo del coefficiente d'attrito durante una frenata totale.


Ciò premesso, penso che tutti concordino nell'affermare che la conoscenza approfondita dell’attrito e di quanto ad esso connesso debba costituire la base del sapere di chi si occupa peritalmente della ricostruzione dell’incidente stradale, ovvero di chi si dichiara “persona fornita di particolare competenza nella specifica disciplina (Italia - CPP, art. 221).

Di questo parlo nel mio citato volume: conscio che sul tema sussistono “antichi pregiudizi e moderne fake news”, concludo con il capitolo “Bufale da sfatare”. Questo non è piaciuto ad un certo Per. Ind. che, bontà sua, mi chiede di rifletterci sopra.

Cito quanto mi scrive:

A pagina 118 riporti la frase «L’attrito volvente è sempre inferiore a quello radente», che tu commenti come non corretta.

Rileggendo anche il testo di …, mi è parso che la sua affermazione non fosse tanto sbagliata quanto forse un po’ “infelice”. A pag. 252 del suo testo, infatti, parte dalla definizione di attrito come “forza che si oppone al movimento” e intende dire che per muovere un blocco di pietra trascinandolo sul terreno (attrito radente) serve una forza maggiore rispetto a quella necessaria per farlo rotolare (attrito volvente); l’immagine che riporta chiarisce bene questo concetto.

In questo senso, la frase “l’attrito volvente è minore del radente” è corretta in termini generali, ma rischia di trarre in inganno se letta nel contesto della dinamica del veicolo.

Mi pare che quanto da te argomentato e quanto scritto da … non siano in contraddizione: la fisica ci dice che l’attrito statico è maggiore di quello dinamico, e il tuo esempio sulla ruota bloccata in frenata ne è una perfetta dimostrazione. Una ruota che “rotola” regolarmente può trasmettere una forza tangenziale maggiore rispetto a una ruota che slitta o pattina: è il principio stesso su cui si basa l’efficacia dell’ABS.

Forse, come spesso accade, è solo una questione di terminologia: nel testo di … i termini “volvente” e “radente” descrivono il tipo di fenomeno fisico, non la condizione della ruota.

… me lo sono spiegato così: se consideriamo lo pneumatico come un cilindro rigido indeformabile in rotolamento senza slittamento, la zona di contatto con il terreno ha velocità relativa nulla — quindi parliamo di attrito statico. Quando invece si verifica scorrimento, la velocità relativa diventa diversa da zero e si entra nel campo dell’attrito dinamico, con coefficiente minore.


A mio personale parere, in incidentologia stradale chi non sa distinguere l’attrito statico da quello dinamico è bene che cambi mestiere e si taccia.

Il testo da me giustamente contestato, come peraltro rilevato anche dal saccente Per. Ind., parte dalla definizione di attrito come “forza che si oppone al movimento”, non quello di forza che impedisce l'inizio del moto a un corpo fermo. Quell’Autore si riferisce chiaramente all’attrito dinamico e indica esplicitamente le sue forme di volvente e radente.

Pertanto, la sua affermazione, come ho scritto nel mio testo, se fatta peritalmente costituirebbe “falso in perizia”.

 

Infatti.

La fisica considera:

  • ATTRITO STATICO - riferito a corpo fermo, quello che impedisce l’inizio del moto;

  • ATTRITO DINAMICO - riferito a corpo in movimento, quello che si oppone al movimento in corso.

L’incidentologia stradale, in modo chiaro ed inequivocabile fin dagli anni ’60 del secolo scorso, durante il processo di frenatura considera due forme diverse di attrito dinamico:

  • attrito volvente – riferito a ruota frenata, ma non bloccata;

  • attrito radente – riferito a ruota frenata, ma bloccata.

 

Inutile aggiungere altro, se la conclusione di quello scritto non fosse stata: “Ti lascio questa riflessione con il solo intento di offrire un piccolo contributo …”.

Un contributo che si concretizzerebbe solo in un’ennesima nuova bufala, questa volta a firma del Per. Ind. in questione. Verosimilmente è raccontata in buona fede: capita a chi valutandosi competente, dimostra di non esserlo.

 

E allora, visto che mi è stato richiesto, riflettiamo:

  • il fenomeno dell’attrito è conoscenza fondamentale della ricostruzione degli incidenti stradali;

  • il non saper distinguere l’attrito statico da quello dinamico, è prova di grande e basilare ignoranza in questa materia.

Quanto basta per non essere legittimati a definirsi persona fornita di particolare competenza nella specifica disciplina (Italia - CPP, art. 221)”, ma che sembra invece bastare per farsi iscrivere negli Albi di Tribunale come:

-  Perito presso la sezione penale del Tribunale di … (no. …) in Ricostruzione sinistri stradali;

-  Consulente tecnico presso il Tribunale di … (no. …) in Ricostruzione sinistri stradali.

 

L’analisi e la ricostruzione dell’incidente stradale sono cosa seria: penalmente hanno ripercussioni sull’accertamento delle colpe e di conseguenza sulla libertà delle persone; civilmente sul giusto risarcimento che può condizionare pesantemente il futuro delle famiglie delle vittime.

È grave: questo esempio sembra confermare che oggi sia ancora possibile tollerare e permettere che tale accertamento sia affidato a pseudo specialisti, incapaci di comprendere la differenza fra attrito statico e attrito dinamico.

 
 
 

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