Non sono un giurista ma, operando in ambito forense a livello internazionale, è sempre stata mia attenzione studiare ed attenermi ai Codici di procedura penali e civili di ogni Paese in cui sono stato chiamato ad agire. Non va dimenticato che fino al 2007 in Svizzera ogni Cantone aveva i propri codici procedurali per cui da sempre sono stato abituato al rispetto delle usanze locali, fra cui anche il modo di gestire la Giustizia.
In Italia, per le procedure civili, in un solo articolo (CPC, art. 195) è perfettamente indicato l’iter peritale che Consulente d’ufficio e Consulenti delle parti devono seguire con relative scadenze. A questo proposito, non è la prima volta che mi sorprende la libertà che si accolla questo o quel Giudice civile nel sovvertire quanto invece il Legislatore sembra aver sancito, senza alcuna possibilità di deroga o di altra fantasiosa procedura.
Non è la prima volta che assisto a quanto sto per raccontare. Qualcuno, fra cui diversi Colleghi, sostiene che questa è prassi corretta: non ne fui mai stato d’accordo e quindi permettetemi di dissentire ancora una volta. Il fatto si è appena ripetuto in un Tribunale civile della Lombardia.
All’udienza di nomina del CTU lo stesso ha proposto l’inizio delle operazioni peritali per il giorno 10 gennaio p.v., presso il suo studio. Di conseguenza il Giudice civile ha fissato i seguenti termini:
a) 10 gennaio, inizio delle operazioni peritali;
b) 10 marzo, invio alle parti della bozza della relazione peritale;
c) 25 marzo, invio al CTU delle osservazioni sulla bozza della relazione peritale;
d) 15 aprile, deposito della relazione peritale definitiva.
Il Giudice ha infine assegnato al CTU un fondo spese di Euro 500,00 oltre agli accessori di legge, ponendolo provvisoriamente a carico del signor X.Y. quale parte che ha richiesto la perizia cinematica.
Avvocati e Consulenti, acconsenzienti.
Sono andato a rileggermi l’art. 95 del Codice di procedura civile italiano, che testualmente recita:
a) … il consulente deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le istanze delle parti.
b) La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle parti nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa di cui all’art. 193.
c) Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione …
d) … e il termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione delle stesse.
Pertanto, con riferimento allo specifico per essere assolutamente concreto, il Consulente del Giudice in base all’art. 195 del CPC dovrà deporre agli atti:
1. La sua relazione datata prima del 10 marzo a cui vanno accluse osservazioni e istanze delle Parti a lui pervenute prima di tale data;
2. Le osservazioni delle parti alla sua relazione, che avranno tutte data compresa fra il 10 e il 25 marzo;
3. Una sua sintetica valutazione delle osservazioni delle parti, ovvero un altro documento singolo non facente parte della relazione e con data postuma al 25 marzo ma compresa entro il 15 aprile, data ultima per il deposito in Cancelleria.
Quindi, la procedura è tuttora quella che io ho sempre desunto dal CPC: tanto la “bozza della relazione peritale” quanto la “relazione peritale definitiva” per il Legislatore italiano non esistono.
Esiste per contro un’unica “relazione del consulente” che, ai sensi del citato articolo, una volta presentata per osservazioni alle Parti è definitiva e non più modificabile in alcun modo.
Al Consulente d’ufficio, a seguito e dopo le osservazioni delle parti, non sono concesse modifiche alla sua relazione ma è richiesto tutt'altro: semplicemente e solo “una sintetica valutazione delle stesse”, formulazione che esclude a priori ogni e qualsiasi riferimento alla relazione peritale prodotta dal Consulente del Giudice e presentata alle Parti, relazione che non può più essere rimaneggiata.
Rimaneggiare a questo punto la consulenza d’ufficio sconvolgerebbe l’intero calendario previsto in udienza ed implicherebbe comunque d’obbligo anche una nuova presentazione dell’elaborato modificato alle Parti per le loro legittime quanto dovute osservazioni: pertanto, qualora fosse necessario rivedere la consulenza, al Consulente del Giudice non resta altro che chiederne l’autorizzazione al suo Mandante che, in base all’art. 196 del CPC, in ogni momento ha comunque sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e … la sostituzione del consulente tecnico.
Quanto previsto e prescritto dal Legislatore a me, contrariamente al nostro Giudice, sembra sacrosanto e incontrovertibile. La competenza di richiamare i Giudici civili ad attenersi solo alle procedure previste dal CPC spetta sicuramente ai loro Superiori e non certo al sottoscritto. Tuttavia, davanti a questi fatti, quello che più mi duole è constatare il silenzio di Avvocatura e Colleghi: mancanza questa di conoscenza del Codice di procedura o cos’altro?
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